E’ fatto ormai risaputo la presenza di microplastiche negli oceani laghi e fiumi di tutto il mondo. Il progetto promosso da Corepla e Castalia per rimuovere i river litter dal Po.
Il marine litter indica tutti quei tipi di rifiuti dispersi in mare e lungo le coste volontariamente o dispersi altrove e arrivati sul bagnasciuga per colpa delle correnti. Questo fenomeno, purtroppo, è presente anche nei fiumi e nei laghi e deve essere fermato. In Italia Legambiente è in prima linea per denunciare questo fenomeno ed effettuare analisi e ricerche sulla tipologia di rifiuti trovati e le possibili soluzioni.
Dagli studi condotti da Legambiente ed Enea è emerso che il 96% dei rifiuti trovati nelle nostre acque è costituito da plastica, in particolare buste e teli ma anche reti e lenze dei pescatori, frammenti di polistirolo, bottiglie, tappi e stoviglie.
Il progetto “Il Po d’Amare” è stato promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e i consorzi Corepla e Castalia e ha come obiettivi quello di eliminare i river litter che galleggiano sul letto del fiume e quello di stimare qualità e quantità dei rifiuti presenti.
Questo progetto nato nel 2018 con l’autorità del bacino per il Po e il patrocinio del comune di Ferrara prevede l’installazione di un sistema di barriere galleggianti collocate a 40 chilometri dalla foce a Pontelagoscuro (FE) che bloccano i rifiuti galleggianti prima del raggiungimento del mare.
La raccolta avviene con un sistema sviluppato da Castalia tramite il progetto di ricerca Seasweeper ossia barriere in polietilene che intercettano i rifiuti senza interferire con la flora o la fauna del fiume. Delle piccole imbarcazioni denominate Sea hunter si occupano del recupero dei rifiuti che vengono separati per categoria e quelli in plastica vengono avviati verso un processo di riciclo. Alla Transeco a Zevio (VR) avviene la prima separazione tra plastica non recuperabile e quella riciclabile che verrà inviata a Legnago (VR) in un impianto di Corepla. Infine, dopo la preparazione del materiale idoneo al riciclo questo viene inviato alla Skymax una società in provincia di Treviso dove viene creato il granulo rigenerato pronto per essere trasformato in nuovi oggetti.
I risultati dei primi quattro mesi di test tra luglio e novembre 2019 sono stati sorprendenti e inaspettati; le barriere, infatti, hanno intercettato 92 chilogrammi di plastica, dato al di sotto delle aspettative visto l’allarme quotidiano sulla presenza di plastica nei laghi e corsi d’acqua e che fa ben sperare sul buon funzionamento della gestione dei rifiuti a terra. Il 40% dei rifiuti raccolti era plastica, prevalentemente polietilene proveniente da fusti e imballaggi inutilizzati in ambito agricolo o industriale. Mentre il restante 60% dei rifiuti ripescati era composto da scarti vegetali o contenitori in vetro.
Quest’anno la sperimentazione si è svolta per quattro mesi a Torino. La raccolta ha superato di poco i 60 chilogrammi di cui il 60% composto da imballaggi in plastica. Anche quest’anno i risultati sono stati positivi confermando il comportamento virtuoso di cittadini e istituzioni nel rispetto dell’ambiente e del riciclo. L’aspetto più importante è che tutta la plastica recuperata aveva la qualità sufficiente per essere riciclata ed è stata reimmessa nel ciclo produttivo.
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