Risolvere l’irrisolvibile. E' questa la frase che meglio riassume la storia di Miranda Wang, giovane chimica molecolare e vincitrice del Rolex Awards.
Appena 25enne, la canadese Wang è stata premiata per avere ideato un sistema per riciclare la plastica “più difficile” senza inquinare. Fin dall’adolescenza questa brillante ragazza sognava di risolvere l’irrisolvibile e trovare un modo per recuperare l’irrecuperabile. Il suo sogno era quello di trasformare la plastica non riciclabile in nuovi oggetti, evitando l’utilizzo di metodi inquinanti, ed escludendo quindi i combustibili fossili. Così, già nei primi anni della sua carriera da chimica molecolare ha trovato un modo per far si che il suo sogno diventasse realtà. Oggi, Miranda è un’imprenditrice a capo di una startup innovativa che le ha permesso di vincere il Rolex Awards for Enterprise 2019.
Il premio
A partire dal 1976, i Rolex Awards danno supporto a individui con progetti volti a migliorare la conoscenza dell’umanità, proteggere il patrimonio culturale e preservare le specie e gli habitat naturali. L’obiettivo è quello di riempire un vuoto nella filantropia aziendale e sostenere quei pionieri che non avrebbero accesso a finanziamenti tradizionali e che stanno affrontando le grandi sfide della società contemporanea, con progetti innovativi, volti a migliorare il benessere dell’umanità.
“Da oltre quattro decenni, attraverso i Rolex Awards for Enterprise, Rolex sostiene le persone eccezionali che hanno il coraggio e la dedizione di affrontare sfide senza precedenti: uomini e donne dotati di spirito d’intraprendenza, che avviano progetti straordinari per rendere il mondo un posto migliore.”
L'idea di Miranda
Fin dai tempi del liceo la giovane canadese si era appassionata al tema della plastica. Tra visite ai centri di recupero rifiuti e l’assistere a scene quotidiane di sprechi di questo materiale, Miranda ha iniziato a interrogarsi su quali fossero gli impatti ambientali e le possibili soluzioni di adottare. In generale, nel mondo, la percentuale di plastica riciclata e avviata a nuova vita è soltanto del 9%. Questo valore così ridotto è il risultato di a una serie di problematiche, quali la difficoltà di “pulire” la plastica per poterla riconvertire, i diversi polimeri in gioco, i costi - economici ed energetici - troppo spesso elevati, e infine la mala gestione del prodotto. Miranda, che insieme all'amica e collega Jennifer Yao guida ora la startup BioCellection, negli ultimi anni si è impegnata per trovare un'unica soluzione a queste problematiche, prendendo ispirazione dai batteri. Le due colleghe hanno iniziato analizzando un batterio in grado di mangiare la plastica. Da questo poi, si sono ispirate per creare un catalizzatore che permetterà di recuperare migliaia di tonnellate di plastica “difficilmente riciclabile”.
“Attualmente non c’è quasi nessuna tecnologia in grado di trattare la plastica davvero sporca.” Spiega Wang. “Si tratta di plastica in condizioni così cattive che non ha senso pulirla e realizzare nuovi prodotti a partire da essa. Noi ci concentriamo proprio su questa plastica problematica con cui nessun altro vuole avere a che fare”.
Il catalizzatore in questione riesce ad operare a 120°C e trasforma i polimeri di polietilene (PE) suddividendoli e sminuzzandoli fino a una degradazione dei legami atomici della plastica. Questo nuovo procedimento, sostenibile ed economico, permette di produrre prodotti chimici industriali di valore a partire da questi scarti di plastica. La novità rispetto ad altre tecnologie già in commercio come la pirolisi, che necessita di altissime temperature, tempo ed energie, è che il processo ideato dalla BioCellection converte quasi il 90% della plastica entro tre ore senza una particolare dispersione termica.
“Siamo riusciti a usare questi prodotti chimici per sintetizzare materiali che offrono ormai performance vicine a quelle dei fotopolimeri e dei poliuretani termoplastici vergini. Attualmente, questi materiali sono direttamente impiegati nella stampa 3D e nel settore calzaturiero”.
Un importante effetto secondario del procedimento è che produce una minore quantità di anidride carbonica rispetto a quella che verrebbe prodotta se la plastica fosse incenerita o gettata in discarica e se i prodotti chimici fossero realizzati a partire da petrolio vergine, riducendo così l’impronta climatica delle aziende di riciclaggio e chimiche. È un altro passo verso un’economia sostenibile, in cui niente va sprecato o produce inquinamento. Nei prossimi anni Wang e il suo team contano di sviluppare un impianto di trattamento commerciale. La missione sarà quella di riciclare centinaia di tonnellate di rifiuti di plastica all’anno, attraverso la produzione di materiali di grande valore a partire da rifiuti di plastica che altrimenti la società scarterebbe.
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